Nella
prima messa celebrata con i Cardinali nella cappella
Sistina il Cardinale Ratzinger ha parlato da Papa
delineando come chiave di lettura del nuovo Pontificato
il ritorno alla tradizione del Concilio Vaticano:
collegialità ed ecumenismo, rafforzamento della
Chiesa di fronte al pressante dialogo che Ella deve
essere capace di intessere con il potere temporale.
“Anche io - ha detto il Pontefice - nell’accingermi
al servizio che è proprio del successore di
Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà
di proseguire nell’impegno di attuazione del
Concilio Vaticano II sulla scia dei miei predecessori
e in fedele continuità con la bimillenaria
tradizione della Chiesa”. La tradizione della
Chiesa dunque come fondamento sul quale edificare
il confronto con la modernità e il laicato.
Sotto questo profilo la rivalutazione della collegialità
riequilibra nella conduzione della Chiesa il rapporto
tra Papa e chiese nazionali e conferenze episcopali
riaccendendo una dialettica che era stata appannata
nel pontificato fortemente accentratore di Giovanni
Paolo II. In qualche modo la scelta del nome Benedetto
ci richiama ad una nuova attenzione per quell’humus
fecondo della Chiesa che è costituito dal monachesimo
e dagli ordini religiosi in genere, depositari di
valori teologici preminenti.
Non è un caso che il prossimo 25 aprile nella
prima importante visita fuori del Vaticano, il Pontefice
si rechi alla Basilica di S. Paolo dei padri benedettini.
Si tratta di una scelta carica di significato ad apertura
del proprio Pontificato per tre ordini di motivi.
Innanzitutto la dedizione all’Apostolo delle
genti che del cristianesimo ecumenico ò stato
il fondatore. E’ il segnale di una rinnovata
vocazione del Papato ad aprirsi alla cultura e alle
identità nazionali verso le quali la Chiesa
mostrerà lo stesso interesse del Papa Viaggiatore.
In secondo luogo S. Paolo è un monastero Benedettino
e questa prima uscita fuori del Vaticano si rivolge
proprio al monachesimo, parte fondante la spiritualità
cristiana racchiusa però nel rigore della regola
di San Benedetto.
Terzo ordine di motivi è forse quello piè
problematico e potrebbe apparire una forzatura parlarne
a così pochi giorni dalla elezione. E’
la coincidenza con la data del 25 aprile, anniversario
della Liberazione, festa laica per eccellenza. |
E’ certo però
che i richiami che il Cardinale Ratzinger ebbe a fare
con durezza nel corso della via crucis non sono stati
le affermazioni di un conservatore che “bacchetta”
i cattivi sacerdoti come da qualche critica inavveduta
si è sostenuto, ma promozione di valori conciliari.
E’ una attenzione antica quella di Joseph Ratzinger
verso il sacramento dell’Ordine e la difesa
della sua dignità intorno alla quale egli si
rende ben conto, si incardina l’immagine della
chiesa.
Il nuovo Pontefice mostra di voler riprendere il dibattito
conciliare che sui temi del sacerdozio era parso insufficiente.
La Lumens Gentium, al paragrafo 2.8 dichiarava che
“ i sacerdoti, saggi collaboratori dell’Ordine
Episcopale, suo aiuto e strumento, chiamati a servire
il popolo di Dio costituiscono con il loro Vescovo
un unico corpo sacerdotale sebbene destinato a diversi
uffici”. Il sacerdozio è così
una unica dignità partecipata a gradi diversi
da tutti coloro che insieme costituiscono la gerarchia
ecclesiastica. La lezione di una parte di essa si
riverbera su tutto il corpo ecclesiastico così
come la gloria dei Santi illumina e permea di sé
tutta la Chiesa. Su un punto il Concilio era stato
preciso con una vera e propria dichiarazione dogmatica
sulla sacralità dell’episcopato. Infatti
dichiarava: “dalle imposizioni delle mani della
consacrazione la Grazia dello Spirito Santo è
così conferita di modo che i Vescovi in modo
eminente e visibile sostengano le parti dello stesso
Cristo Maestro, Pastore e Pontefice e agiscono in
sua vece”(paragrafo 21).
E’ un problema aperto che Joseph Ratzinger aveva
affrontato in “La collegialità episcopale.
La Chiesa del Vaticano II” all’indomani
del Concilio, osservando che, uno degli obiettivi
del Vaticano II è stato di completare, con
una corrispondente dottrina dell’episcopato,
la dottrina del primato, già definito nel Concilio
Vaticano I.
E’ doveroso dunque andare avanti su una strada
delineata ma non conclusa: quella dei rapporti delicatissimi
tra vescovi e Papa.
Un Pontificato dunque che sin dalle prime battute
appare impegnato nella sistemazione dei grandi temi
della Chiesa post-conciliare.
Alessandro Cajola |